Yeshe Tsogyal Ling

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Jamgön Ju Mipham Gyatso ovvero

Mipham Rinpoche

Jamgön Ju Mipham Gyatso ovvero "Mipham il Grande"

Jamgön Ju Mipham Gyatso, o Mipham Jamyang Namgyal Gyamtso (1846–1912) (noto anche come "Mipham il Grande") fu un filosofo molto influente ed eclettico della scuola Nyingma del buddismo tibetano. Scrisse oltre 32 volumi su argomenti di pittura, poetica, scultura, alchimia, medicina, logica, filosofia e tantra. Le opere di Mipham sono ancora oggi al centro del curriculum scolastico nei monasteri Nyingma. Mipham è anche considerato una delle figure di spicco del movimento Ri-me (non settario) in Tibet.

Ju Mipam Gyatso nacque nel 1846 nella regione di Derge. Suo padre, Gonpo Dargye, era un discendente del clan Ju, che si dice abbia origini divine. Ju prende il nome da "tenere" (ju), che è interpretato nel senso di "aggrapparsi alla corda delle divinità luminose che scendono dal cielo". Anche sua madre, Singchung, era di alto rango; e figlia di un ministro nel regno di Dege, dove nacque Mipham.

I suoi studi iniziarono quando aveva circa sei anni e imparò a memoria l'"Accertamento dei tre voti" di Ngari Panchen Pema Wangyel (1487-1542), un importante testo Nyingma che delinea il sentiero buddista. Mipam era noto come "libero da ostacoli nella lettura e nella scrittura" e, a soli dieci anni, iniziò a comporre alcuni brevi testi. Studiosi della tradizione tibetana affermano che una delle sue prime composizioni fu il suo famoso "Beacon of Certainty", un capolavoro di poesia filosofica composto all'età di sette anni. Un tale straordinaria impresa testimoniatestim l'alta considerazione in cui sono tenuti l'erudizione e l'intelletto di Mipham.

Diventò monaco novizio a dodici anni, secondo la tradizione della sua terra natale. Entrò nel monastero di Jumohor Sangngak Choling, un ramo del monastero Nyingma di Shechen, e connesso con il lignaggio di Mindroling. In tale monastero era conosciuto come "il piccolo monaco studioso". A circa quindici o sedici anni, in un eremo a Junyung (probabilmente l'eremo di Nakchung Ritro), Miphan intraprese un ritiro di un anno e mezzo dedicato a Mañjusri. Mipam, infatti, durante tutta la sua vita, ebbe  un legame speciale con Mañjusri. Correva voce che, avendo portato a termine con successo questa pratica in gioventù, conoscesse le scritture buddiste, così come le arti, senza averle studiate. Molte delle sue composizioni iniziano con un'invocazione a Mañjusri e le meditazioni su varie forme di Mañjusri, tra cui Yamantaka, che incarna l'attività vigorosa della saggezza, furono una parte centrale della pratica meditativa di Mipham per tutta la sua vita.

Jamgon Ju Mipham Gyatso

Quando Mipam aveva circa diciassette anni, la sua patria di Dege fu sconvolta dall'invasione delle forze di Nyakye Amgon Gonpo Namgyel (1799-1865), che allora andava conquistando la maggior parte del Kham. Durante i combattimenti, intorno al 1859, Mipham andò a Golok, accompagnato da suo zio, e lì si recò in pellegrinaggio a Lhasa nel 1861.

Durante il viaggio rimase al monastero Geluk di Ganden vicino a Lhasa per circa un mese. Sebbene la sua permanenza non sia stata lunga, il suo tempo in questo monastero fu significativo. Venne in contatto con il tradizionele curriculum di studio Geluk, famoso in Tibet come standard dell'educazione monastica. Acquisì rapidamente familiarità con le caratteristiche fondamentali dell'interpretazione del pensiero buddista della tradizione Geluk, così come delle procedure del dibattito. Mipham avrebbe successivamente portato il dibattito formale nella tradizione Nyingma.

La sua facilità nell'accertare rapidamente il significato di un testo è leggendaria. Ad esempio, si dice che quando ricevette insegnamenti da Bumsar Geshe Ngawang Jungne sull'"Introduzione alla Via di Mezzo" di Candrakirti, disse al suo maestro che non aveva bisogno di un commento dettagliato, ma solo della trasmissione della lettura di tale testo. L'"Introduzione alla Via di Mezzo" è un testo sulla visione profonda del Madhyamaka e, come la maggior parte degli altri versi sanscriti composti in India più di mille anni fa, è eccezionalmente difficile da comprendere senza commenti. Tuttavia, dopo aver sentito l'insegnante leggere il testo una sola volta, Mipham spiegò tutto dall'inizio. Al che il maestro commentò: "Anche se ho il titolo di 'Geshe', non ho nemmeno una frazione dell'intelletto di costui!" Ricevette anche il "Tesoro della ragione" di Sakya Pandita Kunga Gyeltsen (1182-1251) dallo studioso di Sakya, Jamyang Loter Wangpo (1847-1914) e i "Cinque trattati di Maitreya" da Solpon Pema.

All'inizio della sua carriera, Mipham studiò il Bodhicaryavatara con Dza Patrul Orgyen Jigme Chokyi Wangpo (1808-1887). L'insegnamento durò solo cinque giorni, ma furono sufficienti a Mipham per comprendere appieno le parole e il significato di questo classico. In seguito compose un importante commento al nono capitolo, il capitolo sulla saggezza, di questo classico indiano. A Patrul fu chiesto chi fosse il più istruito tra lui e Mipham, e lui rispose che erano pari nella conoscenza dei sutra, ma che Mipham aveva una migliore conoscenza del tantra.

Si dice che durante la sua vita, Mipham abbia letto ben sette volte, l'intera raccolta dei centotto volumi delle parole tradotte del Buddha. La conoscenza di Mipham non sempre fu senza sforzo. Si dice che lottò con il Vinaya Sutra, un testo centrale che delinea gli elementi essenziali dell'etica buddista. Solo dopo aver letto tutti i tredici volumi della sezione Vinaya del canone buddista espresse soddisfazione per la sua comprensione.

Dzongsar Monastery

Mipham studiò l'ampia gamma di scritture buddiste con diversi importanti maestri del suo tempo, come Dzogchen Khenpo Pema Vajra (1807-1884). Considerava il maestro Sakya Jamyang Khyentse Wangpo (1820-1892) il suo maestro principale. Ricevette istruzioni sui fondamenti del sentiero buddista e su quelle che sono conosciute come arti comuni come la grammatica, dal famoso studioso-praticante Jamgon Kongtrul Yonten Gyatso (1813-1899). Mipham, insieme a Kongtrul e Jamyang Khyentse, erano conosciuti come "i tre Jamgon di Kham", jamgon essendo un epiteto per indicare uno studioso consumato che incarna la saggezza.

Si dice che Mipham abbia servito Jamyang Khyentse Wangpo in tre modi: con offerte materiali, con servizio e con la pratica. Secondo Jikme Puntsok (1933-2004), un devoto seguace di Mipham, Mipham diede tutti i suoi averi al suo insegnante per ben sette volte. Questa fu la sua offerta materiale. Circa il servizio, egli serviva umilmente il suo insegnante come un normale inserviente, preparando il cibo e facendo le pulizie. Anche la sua offerta di pratica, l'offerta suprema che uno studente possa fare a un maestro, fu eccezionale, dato che trascorse la maggior parte della sua vita in ritiro di meditazione.

In un'occasione, Jamyang Khyentse Wangpo fece sedere Mipam su un alto trono davanti a diversi volumi di scritture buddiste. Gli presentò grandi offerte e disse: “A te affido queste Scritture. D'ora in poi, sostieni questi insegnamenti attraverso l'esposizione, il dibattito e la composizione. Tu illuminerai a lungo gli insegnamenti del Buddha in questo mondo!” Il suo insegnante dunque, gli diede il permesso e il nome Mipham Jamyang Namgyel Yatso. Si diceva che non ci fosse alcuno sulla terra più istruito di Mipham.

Mipham aveva conoscenze di una vasta gamma di discipline: logica, poetica, Madhyamaka, medicina, astrologia e tantra, e molte altre. A seguito della richiesta di Jamyang Khyentse Wangpo, Mipam scrisse commentari su testi buddisti classici basati sulla sua tradizione Nyingma. Affermò di essere stato motivato dalla sensazione che la maggior parte dei seguaci Nyingma stesse semplicemente imitando gli studiosi di altre tradizioni. Sentiva che gli insegnamenti della sua tradizione Nyingma stavano per diventare "come una lampada di burro dipinta", un artefatto senza molto potere. Inoltre, era preoccupato che poche persone si interrogassero sulla filosofia del Nyingma, e tanto meno la richiedessero. Per questi motivi, compose testi che chiarissero la visione Nyingma.

Le opere di Mipham suscitarono critiche da parte di altre scuole, in particolare da parte degli studiosi della scuola Geluk poichè enfatizzavano un'interpretazione unicamente Nyingma delle dottrine buddiste fondamentali e dei classici indiani. In diversi punti, Mipham si discostava nettamente dall'interpretazione prevalente data all'interno della tradizione Geluk. In particolare, il suo commento al "Capitolo della Saggezza" del Bodhicaryavatara suscitò aspre critiche che generarono numerose polemiche tra eminenti studiosi Geluk. Mipham iniziò una corrispondenza con Pari Lopzang Rapsel (1840-1910), uno dei suoi critici più perspicaci di U-Tsang, e presto divennero amici, scambiandosi doni insieme a discussioni polemiche. Il ricco scambio tra questi due eccezionali studiosi divenne noto come "l'incontro tra la tigre Sarma e il leone Nyingma".

Un momento significativo nella vita di Mipham durante un dibattito tra il lama Geluk Japa Dongak, con Patrul Rinpoche che fungeva da moderatore. Mipham e il suo avversario discussero il famoso e difficile capitolo della Saggezza del Bodhicaryavatara. Quando il dibattito tra i due sembrava essere equilibrato, qualcuno chiese a Patrul Rinpoche chi stesse vincendo. Poiché Mipham era suo allievo, disse: “Un figlio non è lodato da suo padre, ma dal suo nemico; una figlia non è lodata da sua madre, ma dalla comunità!” Suggerì quindi di passare a un argomento riguardante lo Dzogchen, la più alta visione e pratica Nyingma, su cui l'avversario di Mipham aveva scritto un commento. È fu proprio su questo tema che Mipham vinse il dibattito, come dichiarato dal moderatore, dagli osservatori e riconosciuto dai partecipanti.

È significativo che Mipham abbia vinto il dibattito sullo Dzogchen, poiché testimonia la sua abilità nel coinvolgere la visione Dzogchen all'interno di uno scambio razionale e dialettico. Mipham fu irremovibile sul fatto che la visione Dzogchen non è un ingenuo anti-intellettualismo, come hanno affermato i suoi detrattori, ma implica una visione sottile e profonda che, almeno nella presentazione di Mipham, include la ragione per trascenderla. In effetti, al centro della scrittura di Mipham riveste un  posto preminente l'indagine ragionata come mezzo per arrivare alla visione Dzogchen, e l'interazione tra ragione e la sua trascendenza.

Ju Mipham Retreat Hut

Oltre alla sua vasta attività nella composizione di commentari, Mipham trascorse gran parte della sua vita in ritiro. Secondo i colofoni delle sue opere, la maggior parte dei commentari furono scritti durante le pause dalla sua pratica, suggerendo che mentre non scriveva era in ritiro. Trascorse tredici anni in ritiro di meditazione in una grotta chiamata Rongme Chime Karmo Taktsang vicino al monastero di Jamyang Khyentse Wangpo, Dzongsar, molto probabilmente durante gli anni 1870 e 1880. Come riportato nella sua biografia, quando Mipam uscì da uno di questi ritiri, Jamyang Khyentse Wangpo gli chiese come fosse andata la sua pratica. Mipham rispose che quando studiava, cercava di vedere se poteva raggiungere il completamento dell'analisi, e quando praticava la fase di generazione della visualizzazione della divinità, lo faceva con grande diligenza per perfezionare anche tale pratica. Il suo insegnante rispose: “Questo è difficile. Longchenpa disse che occorre riposare naturalmente, senza fare nulla. Facendo così, non ho mai visto nessun volto naturale della mente con la carnagione bianca e le guance rosee, ma se dovessi morire in questo momento, non avrei la minima paura. Ah!" Rise e Mipham lo prese come un'istruzione pratica impartitale dal suo insegnante.

Tra i suoi principali allievi vi furono il Quinto Shechen Rabjam, Pema Tekchok Tenpai Gyeltsen (1869-1909); Katok Situ Chokyi Gyatso (1880-c.1923); Terton Sogyel Lerab Lingpa (1856-1926); il Terzo Dodrubchen, Jigme Tenpai Nyima (1865-1926); il Quinto Dzogchen Drubwang, Tubten Chokyi Dorje (1872-1935); il Primo Adzom Drukpa, Drodul Pawo Dorje (1842-1924) e molti altri. Si dice anche che abbia incontrato e benedetto Dilgo Khyentse Tashi Peljor (1910-1991) da ragazzo.

Tra i principali leader buddisti tibetani, Mipham fu figura unica in quanto non era considerato un lama incarnato, o tulku, almeno non mentre era in vita. Inoltre, a differenza di molte altre figure importanti del suo tempo, non promosse attivamente le nuove tradizioni. Sebbene le rivelazioni di tali testi abbiano guadagnato una popolarità diffusa in Tibet, in particolare nella tradizione Nyingma, rivelò pubblicamente tali preziosi testi né scrisse ampi commentari su di essi. Piuttosto, concentrò il suo lavoro sul chiarimento degli insegnamenti che sono stati trasmessi direttamente al Tibet dall'India. Si dice anche che Mipham abbia affermato che non sarebbe più nato nei regni impuri, un rifiuto abbastanza raro di partecipare all'istituzione tibetana di identificazione delle reincarnazioni di insegnanti di spicco.

Tuttavia, dopo la sua morte, un discepolo affermò che Mipham ammetteva di essere, in realtà, l'emanazione di un bodhisattva. E nonostante la sua dichiarazione di non rinascere, diversi bambini furono identificati come sue reincarnazioni. Jamyang Sherab Gyeltsen (1930), pronipote di Mipham Gyatso, fu riconosciuto come sua reincarnazione e ricevette il titolo di Shechen Mipham. Anche il principe di Derge, Tsewang Dudul (1915/16-42), fu riconosciuto come reincarnazione di Mipham. La sua reincarnazione, identificata da un Tengye Rinpoche nel 1959, è conosciuta come il Terzo Ju Mipham. È il padre di uno degli attuali pretendenti al titolo di Diciassettesimo Karmapa, Taye Dorje (1983). Il terzo figlio, a cui fu dato il titolo Khyungpo Mipham, fu riconosciuto da Jamyang Khyentse Chokyi Lodro (1893-1959). Nel 1995 un figlio dell'Undicesimo Zurmang Trungpa, Chokyi Gyatso (1939-1987), Osel Rangdrol Mukpo, fu identificato come un'altra incarnazione di Mipham Gyatso dal Terzo Penor, Lekshe Chokyi Drayang (1932-2009).

Mipham Gyatso morì nel 1912 nel suo eremo di Ju, a nord del Monastero Dzogchen.

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